L’abbandono dei social può davvero diventare una nuova tendenza?
Negli ultimi giorni abbiamo assistito all’abbandono dei social da parte di Bottega Veneta, storico brand operante nel settore dei beni di lusso.
Una decisione che ha spiazzato un po’ tutti gli operatori del settore, considerata l’importanza strategica dei canali social all’interno di un contesto di posizionamento di un brand a livello nazionale e globale.
La maison, infatti, è improvvisamente scomparsa dalle piattaforme social. Martedì scorso, il marchio che fa capo al colosso Kering ha detto addio ai propri account Instagram, Facebook e Twitter. Nessuna spiegazione da parte del brand, la cui direzione creativa è affidata dal 2018 all’inglese Daniel Lee.
Ma cosa può esserci dietro a questa particolare scelta? Sicuramente, un concetto da tenere bene a mente e da cui partire è quello di campagna silenziosa.
Ci sono tanti esempi che possono essere collegati al fenomeno, dall’abbandono dei canali social appunto, ma anche altre strategie che si legano a questa macroscelta che rappresenta in un certo senso una potenziale nuova prospettiva delle campagne di digital communication.
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La campagna silenziosa e l’abbandono dei social: quali sono le possibili evoluzioni future?
Partiamo dal presupposto che, per analizzare gli eventi futuri, è giusto fare lo stesso con quelli attuali. Non solo Bottega Veneta, infatti: ci sono tanti esempi che ci portano alla conclusione che i brand stanno trovando molte opportunità nelle strategie dedicate alle campagne silenziose.
Nel giugno 2019, per esempio, Lush (brand di prodotti cosmetici sostenibili) abbandonò i suoi canali social come ha fatto di recente Bottega Veneta.
Profili che avevano numeri importanti: circa 570mila like su Instagram, 420mila su Facebook e 202mila follower su Twitter.
In quel caso, però, ci fu una comunicazione ufficiale condivisa dal brand su Instagram, in cui appunto specificava la sua scelta giustificando le sue motivazioni.
In quel caso, però, ci fu una comunicazione ufficiale condivisa dal brand su Instagram, in cui appunto specificava la sua scelta giustificando le sue motivazioni. Motivazioni che, a differenza di Bottega Veneta, si riferivano al fatto che i vertici del brand fossero stufi di confrontarsi quotidianamente con canali che avevano penalizzato fortemente la reach organica dei suoi profili: un contesto in continuo cambiamento che Lush non aveva mandato giù, cercando strade alternative sia online che offline.
Una decisione, perciò, che non è identificabile con la volontà di chiudere i social per protesta ma semplicemente per interesse commerciale e personale del brand.
In uno scenario in cui l’abbandono dei social pare più un segno di protesta contro determinate dinamiche e meno la conseguenza di un interesse personale (che nella maggior parte dei casi non è facile descrivere come legittimo vista la grande importanza che rivestono le presenze dei brand sui social) anche il Giornale di Brescia aveva deciso, alcuni mesi fa, di cancellare la propria presenza sui social media per protesta nei confronti della tendenza a diffondere fake news sul web.
Un caso che non è da includere insieme a quelli dei brand, visto che si tratta di un quotidiano, ma che ci da un’idea della grande forza che può avere sugli utenti una scelta di questo tipo.
Forza che hanno riconosciuto anche i brand più importanti e globali, che però non si limitano a campagne silenziose che provochino solo chiusure di canali o abbandono dei profili, ma anche ad altre alternative che non minino la presenza social alimentata nel corso degli anni con tanto impegno e contenuti all’altezza.
Esempio lampante di “alternativa proficua” è quello della decisione, da parte di Prada, di proseguire la propria programmazione social implementando sempre di più contenuti e argomenti per compensare l’assenza internazionale dal punto di vista degli eventi e dei grandi palcoscenici, principalmente a causa della crisi pandemica.
La campagna silenziosa: analizziamo la scelta da tre diversi punti di vista: comunicativo, strategico e commerciale.
Il concetto di campagna silenziosa, che comprende inevitabilmente anche le strategie di abbandono dei social, può essere analizzata da tre punti di vista. A livello comunicativo, questa scelta è sicuramente un modo per definire la propria identità e mostrare una personalità differente (dal punto di vista comunicativo, appunto) nel grande panorama dei contenuti social.
Un modo per diffondere un messaggio, farlo in modo consapevole e forte, ma silenzioso e alla portata di tutti.
A livello strategico, la scelta può portare ad un’attenzione mediatica più forte nei confronti del brand protagonista della strategia, il quale può godere di alcuni punti a favore in tema di new positioning e brand awareness. Abbiamo già spiegato tante volte che sono i valori e i messaggi veritieri che rendono coinvolgente un brand agli occhi degli utenti, prima di tutto.
Infine, a livello commerciale l’ipotesi potrebbe essere la scelta di trovare misure e strade alternative che possano favorire un distacco degli utenti dall’acquisto omnichannel dalle piattaforme del brand. In ogni caso, una strategia del genere dovrebbe avere in parallelo dei “salvagente” che possano permettere all’utente di, una volta abbandonati i social del brand di riferimento, sopperire questa mancanza con contenuti e pagine di medesima qualità e coinvolgimento. Pagine che, per l’appunto, dovrebbero mantenere gli stessi standard di approccio smart allo shopping come succede nel caso dei social.
Detto questo, sicuramente ogni brand ha la possibilità di scegliere che tipo di strategia attuare, pur rimanendo in un contesto di pertinenza e qualità del contenuto. I social media sono spesso attaccati dall’opinione pubblica per gli apparenti messaggi sbagliati che veicolano. Siamo così sicuri che non sia il mezzo ma il modo di comunicare il problema?
Per concludere, è giusto vedere la questione con occhio critico e non accusatorio, proprio perché la presenza online rimane tuttora un fattore fondamentale per la propria identità pubblica.