
Enzo Mari, storia di un designer ribelle
Matteo Mario
Enzo Mari è stato un designer e accademico italiano considerato uno dei maggiori teorici del design italiano e internazionale.
Una figura molto influente nel panorama creativo del nostro paese e di tutto il mondo, soprattutto per la sua impronta personale: Mari applicò infatti alla sua produzione i suoi studi legati ai temi della percezione e dell’aspetto sociale del design, alla sua funzione nella vita quotidiana e al ruolo del designer nel processo industriale.
Un’interpretazione che molto spesso si è tramutata in una vera e propria presa di posizione, sia teorica ma anche disciplinare e professionale: il designer, secondo Mari, non si dovrebbe limitare alla creazione di oggetti belli e dalle forme esteticamente gradevoli: l’aspetto funzionale è infatti fondamentale, così come lo è il livello di efficienza delle scelte progettuali in campo di materiali e lavorazioni.
“Mari non è un designer, se non ci fossero i suoi oggetti mi importerebbe poco. Mari invece è la coscienza di tutti noi, è la coscienza dei designers, questo importa”.
Alessandro Mendini, designer
La sua carriera è composta da sessant’anni di opere tra quadri, progetti, modelli e disegni, dalle pitture degli anni cinquanta alle «strutture» del decennio successivo: celebri sono diventati i contenitori Putrella (1958), i vasi della Serie Paros (1964), la sedia Box (1971), la visionaria Autoprogettazione (1973), le 44 valutazioni (1976-2008), la sedia Tonietta (1980), l’Allegoria della dignità (1988) o le Lezioni di disegno (2008).
Nonostante un percorso di grandi successi artistici e creativi, Enzo Mari non ha mai amato il mondo del marketing legato all’arte e al design, dimostrandosi un artista propriamente ribelle e fuori dal coro, dedito esclusivamente all’aspetto filosofico, teorico ma soprattutto funzionale delle sue opere: si mostrò sempre critico, per esempio, verso ciò che diventò il design una volta conclusa l’epoca d’oro degli anni sessanta e settanta, al quale attribuì un’etichetta negativa a causa del marketing che, secondo lui, trasformò il designer da “filosofo creativo” a “semplice interprete di tendenze”.
Per ribadire queste considerazioni, nel 1999 Mari scrisse il Manifesto di Barcellona, pubblicazione in cui sostiene che è necessario ritornare alla cosiddetta “tensione utopizzante delle origini del design“ invocando addirittura un nuovo giuramento di Ippocrate per stabilire definitivamente che “l’etica dovrebbe essere l’obiettivo di ogni progetto“.
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Enzo Mari e il suo design, un rapporto d’amore per l’etica
Sin dagli anni cinquanta Mari partecipò ai movimenti di avanguardia legati al design, entrando nel gruppo dell’Arte cinetica: lì ebbe modo di conoscere il collega e mentore Bruno Munari, che avrà il merito di influenzare parte dei suoi lavori futuri.
Da ricordare anche il suo passato di accademico: dal 1963 al 1966 insegnò infatti presso la scuola della Società Umanitaria di Milano ma continuò poi fino agli anni 2000 in numerose istituzioni prestigiose come per esempio il Politecnico di Milano nella facoltà di Disegno Industriale e Architettura, o a Parma dove fu docente di Storia dell’Arte.
Durante gli anni di accademico, il designer lombardo elaborò una propria teoria sulla disciplina e la mise in pratica nei suoi progetti. Nel 1967 venne poi premiato, proprio per merito di questa continua ricerca, con un Compasso d’Oro per le sue “ricerche individuali sul design”.
La sua concezione filosofica e “poco ortodossa” del design è testimoniata anche dalla sua collaborazione, per esempio, con le Ceramiche Gabbianelli iniziata nel 1967. Un lavoro decennale che rischiò di fermarsi a fronte della richiesta del brand di disegnare alcune decorazioni per delle “piastrelle di design”, alla quale Mari rifiutò per evitare di svolgere il semplice ruolo di grafico. Proprio per questo, il designer intraprese invece un complesso percorso filosofico che lo portò a rivedere alle radici il concetto di decorazione a parete.
Per le sue piastrelle (tra le più importanti troviamo Serie Elementare del 1968, Traccia del 1978 e Decorato a Mano del 1981), Mari recuperò tecnologie del passato ed elaborò una poetica delle forme e dei colori fatta di segni elementari.
“Non c’è poesia senza metodo”
Ma non è solo la filosofia al centro del suo lavoro, ma soprattutto la figura del designer e specialmente del designer italiano: Nel 1972 Mari partecipò all’esposizione Italy: The New Domestic Landscape svoltasi al MOMA di New York. La mostra ebbe un significato enorme perché segnò per la prima volta la nascita del concetto di Made in Italy nel mondo e fece conoscere oggetti dei più grandi designer dell’epoca, come Vico Magistretti, Ettore Sottsass e Paolo Lomazzi.
Mari partecipò alla mostra con il vaso reversibile Pago-Pago (1969) di Danese, un vaso in ABS stampato che poteva essere usato dritto o capovolto, cambiandone l’aspetto estetico. L’idea di base del lavoro di Mari era di consentire flessibilità d’uso considerata l’impossibilità di creare il design perfetto per ogni ambiente.
Tutto ciò accadde due anni prima della pubblicazione di “Funzione della ricerca estetica”, stampe del 1974 in cui Mari spostò in maniera significativa il dibattito sul design dal prodotto alla figura del designer.
Una carriera costellata di lavori ma soprattutto pensieri costruttivi ed etici attorno a ciò che creava: abitudine insolita, se pensiamo al mercato globale, visto che il designer collaborò con una miriade di brand importanti e fortemente legati al processo industriale classico. Fu autore di oltre 1500 oggetti, realizzati per le maggiori aziende italiane tra cui Zanotta, Rexite, Driade, Alessi, Danese, Artemide, Olivetti, Ideal Standard, Flou, Lema e Robots.
Ma ecco alcune delle sue opere più importanti, sia dal punto di vista stilistico che estetico, ma anche appunto etico e soprattutto didattico:
Il gioco delle favole
Libro-gioco del 1965 e oggi prodotto da Corraini edizioni, è tuttora considerato uno dei più interessanti giochi per stimolare la creatività infantile. Composto da 6 tavole su cui sono raffigurati animali ed elementi vari della favolistica classica, lascia al bambino la totale libertà di smontare e rimontare gli scenari, come fossero le quinte teatrali della propria personalissima storia.
Delfina
Nel 1979 Mari progetta una sedia a tondo metallico chiamata “Delfina”. La forma è semplicissima e con seduta e schienale in cotone e microfibra montati tramite una cerniera a zip. Il progetto, realizzato per Robots SpA, gli valse il suo secondo Compasso d’Oro.
In attesa
Realizzato per Danese Milano, In attesa risale al 1971 ed è uno degli esempi di fusione ben riuscita tra ricerca formale e funzionale che permea le opere di Mari. Si tratta di un cestino per la carta, a forma di parte terminale di tubo che sporge dal pavimento su cui viene poggiato. Il nome si riferisce alla funzione del cestino, che appunto attende il lancio di palline di carta verso la sua bocca inclinata.
Sof Sof
Sof Sof è una sedia di forma tonda e fatta di acciaio elettro-saldato su cui sono posti due cuscini che creano un netto contrasto con la struttura cromata. È stata prodotta nel 1972 da Driade e poi riedita nel 2015. Questo prodotto è stato uno degli anticipatori di una tendenza che si sarebbe diffusa a metà degli anni settanta, caratterizzata da prodotti economici da produrre e a bassa tecnologia, ma ottimizzati per la lavorazione industriale. Un altro esempio di filosofia che si unisce a funzionalità, appunto, commerciale.
Putrella
Infine, uno degli oggetti più famosi di Mari è il vassoio Putrella realizzato sempre per Danese Milano: il vassoio è fatto da un unico pezzo di trave da edilizia in acciaio (una putrella, appunto), piegata alle estremità. Particolarità dell’oggetto sono proprio le pieghe, costruite su un semilavorato che viene creato e usato proprio per la sua capacità di non piegarsi facilmente. Questo materiale, tipico dei cantieri e del mondo industriale, viene invece in questo caso decontestualizzato e posto per esempio in un salotto, con un intervento creativo basato sul concetto di ironia.
Ed ecco un’interessante video-intervista concessa da Enzo Mari al canale Corsidesignfactory nel lontano 2012, in cui il designer racconta il suo punto di vista relativo al percorso disegno-realizzazione.