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Il futuro della creator economy, tra stato dell’arte e nuovi scenari

Il futuro della creator economy, tra stato dell’arte e nuovi scenari

Creator economy: cos’è e di cosa stiamo parlando? Da diversi anni ormai si discute di una nuova frontiera dell’intrattenimento digitale e in particolare, appunto, dell’economia digitale.

foto di un pc e una videocamera con microfono per l'articolo sulla creator economy

Molti blog, magazine e professionisti discutono della creator economy riassumendola anche con altri termini, come per esempio la “passion economy”, dimostrando quanto questo settore sia divenuto ormai decisamente grande dal punto di vista dei numeri, degli introiti e del pubblico.

In un articolo di Forbes, per esempio, si legge che secondo il report Creator Earnings Benchmark, la creator economy ha raggiunto investimenti significativi di circa 800 milioni di euro da venture capital, contando il periodo che va dall’ottobre 2020 al 2021.

Altro importante dato che ci fornisce il report è che il 46% dei creator che hanno visto la loro community crescere negli ultimi 4 anni ha avuto introiti per più di 20.000 dollari all’anno, e tutto questo è avvenuto solo grazie alla monetizzazione attraverso le piattaforme in cui i creator operano. *Lo studio del report è stato condotto su un campione di circa 2.000 creator.

Curiosità: Il mercato della creator economy ha un valore stimato di circa 105 miliardi.

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Il mondo della creator economy e cosa potremmo aspettarci nel 2022

foto di un creator per l'articolo sulla creator economy

Un fatto sicuramente da sottolineare prima di esplorare il possibile scenario futuro è che la creator economy esiste da molti più anni di quanto si creda, mentre è la sua evoluzione attraverso le piattaforme il lato più innovativo a cui possiamo dedicare l’attenzione giusta. L’economia della monetizzazione individuale – un altro nome con cui viene definita – è infatti nata ancor prima che i social media diventassero uno strumento di condivisione e dibattito quotidiano.

Su tutte possiamo citare la piattaforma di sharing forse più famosa del mondo, che ha segnato un vero e proprio spartiacque per chi avesse l’obiettivo di proporre i suoi contenuti al pubblico: YouTube. Una reference decisamente scontata, ma che fa capire perfettamente che il concetto di creator economy sia in realtà tra noi da moltissimi anni, fin dall’arrivo dei video sul “tubo”, che hanno visto crescere un numero esorbitante di creator che si sono poi evoluti fino ad oggi con l’aiuto di altre piattaforme come Twitch e, perché no, Instagram. 

Non si tratta dunque di una novità per il mondo del web, ma più che altro di un exploit, o meglio di un’evoluzione che ha visto partecipe prima di tutto il pubblico e meno i creator stessi. Il motivo è da attribuire principalmente al periodo pandemico, che non ha fatto altro che aumentare l’attenzione attorno al mondo dei content creator, i quali si sono mano a mano sostituiti – non del tutto, sia chiaro – ai media tradizionali.

“Il content creator è colui o colei che crea la propria opera e la condivide senza andare alla ricerca di una relazione commerciale con le aziende. Il suo intento è quello di trovare una piattaforma che gli dia modo di esprimersi. La relazione commerciale avviene – se avviene – quando è l’azienda a contattare il creator nel tentativo di dar vita a una collaborazione professionale. L’influencer è, invece, colui o colei che utilizza le piattaforme digitali con il preciso scopo di dare vita a una relazione commerciale con le aziende, mettendo a disposizione della stessa azienda la sua audience e la sua creatività. Da questo punto di vista, Instagram si è rivelata la piattaforma più adatta per gli influencer. Anche perché ha permesso di accedere a un’audience con cui molte aziende faticavano a entrare in contatto”.

Franz Russo, social media strategist

Questa è una definizione tratta dallo stesso articolo di Forbes a cui facevamo riferimento prima. Si tratta della differenza tra influencer e, appunto, content creator descritta dall’ideatore del blog InTimeBlog Franz Russo. Una definizione che ci fa capire quanto in realtà il mercato dell’influencer marketing sia completamente diverso da quello dei content creator, almeno per quanto riguarda gli obiettivi.

Se per il primo l’obiettivo primario è quello di instaurare rapporti commerciali con i brand, per il secondo è quello di informare il proprio pubblico, intrattenerlo e coinvolgerlo.

Due filoni differenti ma cresciuti parallelamente, almeno nel corso degli ultimi due anni. Secondo il Sole 24Ore, le figure che fanno parte della creator economy sono circa 350.000 e il concetto di “contenuto” è diventato ormai uno strumento fondamentale per il web e i suoi fruitori, essendo il mezzo perfetto per creare dialogo con le persone e creare delle community durature.

La creator economy ha reso così i content creator dei veri e propri punti di riferimento all’interno dell’ecosistema digitale, creando degli indotti non solamente economici ma di credibilità, professionalità e notorietà. Una percezione pubblica che agli occhi degli stessi creator è cresciuta di gran lunga rispetto agli anni precedenti – complice anche l’ampliamento delle piattaforme disponibili per diversi tipi di pubblico – portandoli a costruire community intorno ai temi più disparati, come è successo per esempio con i contenuti ambientali e legati alla crisi climatica, alla green economy e alla sostenibilità. 

immagine di un uomo che uso il visore per l'articolo sulla creator economy

Un allargamento delle tematiche che è nato appunto dal nuovo ruolo assunto dai creator, che si sono evoluti – qui il concetto di evoluzione a cui facevamo riferimento prima – in figure capaci di alimentare la coscienza collettiva in merito a una determinata questione. Un’azione che viene stimolata non per acquistare, come accade con gli influencer, ma alla partecipazione e al dialogo pubblico.

Ecco perché il binomio intrattenimento-informazione (ma soprattutto coinvolgimento-utilità) è sempre più centrale nella sfera dei contenuti sui social e sulle piattaforme web. Un’asse di efficacia, come potremmo chiamarla, o meglio una guida all’efficienza, come potrebbe essere chiamata all’interno di una guida tecnica, per condizionare gli utenti verso un obiettivo comune oltre che aumentare la propria audience attraverso contenuti utili alla comunità, divertenti, emozionali e informativi.

Nel 2022, perciò, il valore delle piccole fette di pubblico, o meglio delle nicchie, sarà sempre più alto e accompagnerà le strategie di ogni creator aumentando a sua volta i contenuti proposti e il valore stesso del mercato, il quale sicuramente inizierà a strizzare l’occhio anche al nuovo Metaverso di Mark Zuckerberg.

Su quest’ultimo si stanno già interrogando in molti, ma è ancora difficile esplorare le innumerevoli (perché sì, vedendo i presupposti lo saranno) opportunità che offrirà il Metaverso ai content creator che attualmente sono presenti sui social.

Ma cosa dobbiamo aspettarci dal rapporto Metaverso e creator economy? Sicuramente nel Metaverso, che possiamo immaginare come il luogo in cui i creator – come tutti gli altri utenti – avranno a disposizione un avatar 3D per proporre i propri contenuti, sarà parte integrante di questo processo di evoluzione sia economica che creativa, ponendo le basi per una seconda grande svolta dopo quella condotta tanti anni fa da YouTube.

La funzione del content creator sarà quindi un’ulteriore evoluzione di quella che tutti conosciamo oggi, considerando che le sue due principali stelle polari rimarranno a tutti gli effetti l’engagement e il concetto di community. Due elementi fondamentali che rimarranno inevitabilmente al centro delle strategie dei creator, canalizzando sempre di più l’interesse sull’aspetto relazionale creator-utente. Un cambiamento epocale che porterà la tradizione tecnologica a incontrarsi con l’innovazione più attuale e le nuove frontiere della digital communication, cambiando forse le sorti del web (e non solo) per molti anni?